sexta-feira, 23 de novembro de 2012

La nozione di «società».

Archivio

inserito in Diritto&Diritti nel settembre 2003

Società di persone, Società di capitali. uno sguardo di estrema sintesi (*)

di Mario Bessone

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(* ) Le pagine che seguono sono parte del capitolo in materia di Imprese  e società  che sarà ricompreso nella quarta edizione del volume collettaneo LIneamenti di diritto privato, Editore Giappichelli,Torino 2003.

Sommario: 5. La nozione di «società». Il contratto e le altre fonti costitutive. L'autonomia patrimoniale. Oggetto e scopo delle attività. Società commerciali, società non commerciali. Scopo lucrativo, scopo mutualistico, scopo consortile. 6. Le società di persone. Società semplice, società in nome collettivo, società in accomandita semplice. Società «di fatto», società «apparenti», società «occulte». Il caso delle società «irregolari». 7. Le società di capitali. Società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata. Le società per azioni «quotate». 8.L'intervento normativo del gennaio 2003 e i principi costitutivi della  disciplina delle società di capitali.Tipologia e  varianti organizzative della società per azioni.Il nuovo regime delle società a responsabilità limitata.- 9.  Lo scopo mutualistico e le società cooperative. Società a mutualità prevalente. La struttura «a porta aperta» e a capitale variabile.Il sistema delle forme di finanziamento. Organizzazioni di gruppo, mutue assicuratrici  - 10. - Operazioni straordinarie.La trasformazione omogenea,la trasformazione eterogenea.Fusione e scissione delle società.

5.         La nozione di «società». Il contratto e le altre fonti costitutive. L'autonomia patrimoniale. Oggetto e scopo delle attività. Società commerciali, società non commerciali. Scopo lucrativo, scopo mutualistico, scopo consortile

È società l'organizzazione che consente a più soggetti di svolgere in comune una attività economica. Si uniscono le forze quanto a risorse di capitale e talvolta anche quanto a capacità operative. Si condividono e perciò si rendono meno gravosi i fattori di rischio. E già per questi motivi la società costituisce lo strumento privilegiato per avviare iniziative imprenditoriali di rilievo. Operano norme di legge molto numerose che in ampia misura vincolano i contenuti dell'atto costitutivo e dello statuto della società, residuando tuttavia pur sempre  ampio spazio per l'autonomia di valutazione che compete a quanti assumono iniziative societarie. Da norme di legge e disciplina statutaria saranno regolati gli obblighi dei soci e i loro diritti che configurano un complesso status di socio comprensivo di diritti patrimoniali, diritti amministrativi di partecipazione all'attività sociale e diritti di controllo sulla gestione della società. Saranno ancora norme di legge e disciplina statutaria a definire l'assetto organizzativo della società. E naturalmente molto rilevano  le norme del decreto legislativo del marzo 2002 che ha sostituito le disposizioni dell'undicesimo titolo del quinto libro del codice civile formulando nuove disposizioni per la disciplina penale della materia societaria .  

 Come risulta con ogni evidenza già da una sommaria ricognizione di campo che ne consideri soltanto l'oggetto e il regime patrimoniale, la materia societaria  comprende in sé fenomeni e fattispecie del più diverso genere.Quanto all'oggetto delle attività il criterio primario di distinzione è tra società non commerciali che appunto non possono svolgere attività commerciale, come è il caso della società semplice e società invece commerciali che svolgeranno perciò attività di imprenditore commerciale, e saranno volta a volta società in nome collettivo, società in accomandita semplice, società per azioni, società in accomandita per azioni e società a responsabilità limitata. Ma va considerato che la forma giuridica di una delle società commerciali può essere scelta anche per svolgere una attività non commerciale, senza tuttavia che questo comporti applicazione alla società delle norme di regime degli imprenditori commerciali. Quanto al regime patrimoniale delle società occorre distinguere tra società di persone che hanno autonomia patrimoniale imperfetta e perciò non sono «persona giuridica», come è il caso della società semplice, della società in nome collettivo e della società in accomandità semplice mentre sono invece società di capitali e persona giuridica che opera in regime di perfetta autonomia patrimoniale la società per azioni, la società in accomandita per azioni e la società a responsabilità limitata. Esistono infine società a scopo di lucro e società non lucrative.

Nel disegno delle norme del codice civile «fonte costitutiva» di una società è in linea di principio il contratto, per l'appunto il contratto di società che l'art. 2247 definisce con concisa chiarezza. Con il contratto di società «due o più persone conferiscono beni e servizi per l'esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili». Come si preciserà più avanti esistono tuttavia norme di legge che per singole fattispecie consentono la costituzione di società per atto unilaterale. Società a responsabilità limitata e società per azioni possono essere costituite anche con atto unilaterale. E fattispecie di costituzione di società con atto unilaterale si ritrovano in leggi speciali che riguardano processi di trasformazione in società di enti creditizi, dismissioni di partecipazioni azionarie dello Stato (e di altri enti pubblici) e ancora la «trasformazione» in «società» di aziende degli enti locali. Guardando ai recenti fenomeni di privatizzazione di importanti comparti del settore pubblico, va poi considerato con la dovuta attenzione anche il caso delle società legali, intese come tali sia le società costituite in via diretta da una norma di legge sia le società che una norma di legge impone di costituire. Ma si tratta pur sempre di fattispecie particolari.

Nella generalità dei casi opera infatti la regola dell'art. 2247 e la società origina da un contratto di società che appartiene all'ambito dei contratti associativi e con comunione di scopo. Il contratto di società è per sua natura potenzialmente «plurilaterale», è contratto di organizzazione di attività e ad esso si applicano gli artt. 1420, 1446, 1459 e 1466. E naturalmente si applicano le norme di disciplina generale dei contratti se compatibili con le norme di speciale disciplina dei singoli tipi di società indicati dall'art. 2249. Questa disposizione configura un sistema normativo che tuttavia stabilisce il principio del numero chiuso dei tipi di società. Alle parti del contratto perciò è consentito scegliere tra tipo e tipo di società e non è esclusa la possibilità di integrarne il regime con particolari e «atipiche» clausole negoziali. Ma non è consentito costituire società non appartenenti ad un tipo legale.

La necessaria conformità di ogni società ad un tipo legale in decisiva misura ne precostituisce il regime che sarà volta a volta diverso a seconda del tipo prescelto dai contraenti. Esistono tuttavia pur sempre regole di carattere generale già in grande evidenza se si considerano le disposizioni in materia di conferimenti, la disciplina dell'«esercizio in comune» dell'attività di impresa e lo «scopo di dividerne gli utili». Si tratti di beni materiali o di beni immateriali, di crediti o di servizi prestati (o più semplicemente di denaro) in ogni società i conferimenti dei soci confluiscono in un patrimonio sociale, che di tempo in tempo varierà a seconda degli andamenti della gestione che determinano la soglia dell'attivo e del passivo sociale. Ma l'atto costitutivo della società deve stabilire e indicare il valore degli iniziali conferimenti dei soci in quanto capitale sociale, inteso come tale il valore in denaro dei conferimenti che così considerati svolgono necessarie funzioni di garanzia e altre ancora.

Funzioni di garanzia (efficacemente esemplificate da norme come l'art. 2303 o l'art. 2447) perché le norme vincolano la società a conservare quel valore (che diventa perciò indisponibile) a garanzia di tutela dei terzi entrati rapporti di affari con la società, che sulla consistenza economica del capitale sociale possono in ogni caso fare conto per la riscossione dei loro eventuali crediti. Altre e rilevanti funzioni l'entità numerica del capitale sociale svolge poi quanto alle valutazioni di bilancio. Ogni società deve periodicamente valutare il suo andamento di gestione mediante un bilancio di esercizio che serve ad accertare se la gestione ha conseguito un utile o registrato invece perdite. E naturalmente un utile esiste soltanto se l'attivo di bilancio supera le passività aumentate dell'importo del capitale sociale, che per la sua stessa funzione di garanzia dei creditori va considerato un debito verso terzi (e perciò va segnato al passivo del bilancio societario).

Ad indicare ulteriori requisiti del contratto di società l'art. 2247 poi provvede indicando come elemento distintivo di ogni e qualsiasi società l'esercizio in comune di una attività economica. E tale sarà naturalmente anche il caso di società che come la società diengineering o la società di revisione contabile pure esercitano in prevalenza attività di elaborazione concettuale di problemi tecnici. Considerato che nell'art. 2247 «attività» significa comunque serie di atti coordinati secondo una logica di programma, sarà chiaro che non è invece «società» l'iniziativa avviata da operatori economici semplicemente interessati a fare insieme una singola operazione di mercato che a veder bene non comporta alcuna organizzazione di attività (e per esempio una vendita congiunta di merci che vendute insieme consentono di conseguire un maggior prezzo).

L'art. 2247 tuttavia non richiama il requisito della professionalità invece dall'art. 2082 ritenuto necessario perché esista impresa. Perciò non esiste impresa ma esiste pur sempre società nel caso delle società occasionali, costituite per lo svolgimento di una operazione di mercato a carattere complesso, che esige organizzazione di una serie di atti coordinati secondo logica di programma, anche se l'attività svolta non avrà il carattere durevole delle attività professionali (e la società sarà sciolta una volta venduti gli immobili costruiti in esecuzione del progetto di insediamento abitativo). Altra fattispecie di società senza impresa sembra configurare il caso della società tra professionisti (ma la problematica è complessa e la disciplina della fattispecie ancora in via di definizione).

Sempre in tema di regime delle attività l'art. 2248 distingue con sufficiente chiarezza tra società e comunione a scopo di godimento, disponendo che nel caso di una comunione costituita o mantenuta «al solo scopo del godimento di una o più cose» non si applicano le norme in materia di società. In tal caso manca infatti il genere di attività che ne giustifica il regime, essendo evidente che una cosa è la attività di genere imprenditoriale e altra cosa l'attività di pura e semplice cura di beni con finalità di un loro miglior godimento. Perciò l'art. 2248 stabilisce che a tale fattispecie si applicano le norme che il terzo libro del codice civile prescrive appunto per la comunione di beni. E in questo senso si devono considerare vietate le società di mero godimento (ma naturalmente non lo sono società che impiegano beni in comproprietà nel contesto di una organizzazione di impresa: si pensi al caso della società che non si limita alla locazione di immobili, impiegando invece immobili nella attività di gestione di un complesso apparato di servizi residenziali).

Ancora l'art. 2247 avverte poi che non esiste società senza esercizio «in comune» di una attività. E società non esiste nel caso della associazione in partecipazione che si concreta quando si assicurano apporti finanziari all'altrui attività di impresa, senza che tuttavia ne consegua alcuna forma di concorso alla sua gestione né alcun «esercizio in comune» di attività imprenditoriali. Il contratto può anche prevedere modalità di controllo (e comporta diritti di rendiconto) secondo quanto stabilisce l'art. 2552. Ma non è contratto di società ed è invece puro e semplice contratto di scambio sul modello dell'art. 2549, che prefigura appunto contratti mediante i quali un imprenditore «associante» attribuisce ad un soggetto «associato» una partecipazione agli utili della sua impresa» o di uno o più affari «verso il corrispettivo di un determinato apporto». L'art. 2553 precisa che «salvo patto contrario» l'associato partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili. Ma le perdite che colpiscono l'associato non possono superare il valore del suo apporto. In ogni caso la gestione dell'impresa o dell'affare compete in via esclusiva all'associante (e gli compete in via esclusiva anche nel caso dei contratti di cointeressenza prefigurati dall'art. 2554).

Quanto allo scopo di lucro occorre intanto distinguere tra società e altre organizzazioni collettive che pure possono svolgere attività di impresa. Va infatti considerato che per l'art. 2082 l'attività di impresa non ha necessariamente scopo di lucro. E attività di impresa possono svolgere anche organizzazioni collettive che non sono società. Si pensi al caso di una associazione del libro primo del codice civile che a integrazione delle sue iniziative di genere culturale nel settore dell'arte contemporanea per statuto preveda anche lo svolgimento di attività di impresa. Attività che l'associazione svolgerà senza scopo di lucro e soltanto al fine di promuovere ulteriori attività associative. Si venderanno libri e opere d'arte, si organizzeranno viaggi e molto altro. E tutto questo sarà attività di impresa di una associazione «imprenditore commerciale» diverso dall'im­prenditore «società», come diversi dall'imprenditore «società» sono enti pubblici che svolgano anch'essi attività di impresa senza scopo lucrativo. Altro invece lo scenario delineato dalle norme che regolano le attività di impresa svolte in forma societaria.

L'art. 2247 segnala infine come finalità tipica del contratto di società lo scopo di divisione degli utili. Occorre tuttavia precisare che per questa sua parte l'art. 2247 riguarda soltanto le società lucrative, che saranno volta a volta società semplici, società in nome collettivo, società in accomandita, società per azioni o società a responsabilità limitata costituite appunto a scopo di lucro.Ma si consideri che le società consortili possono non avere come scopo la divisione di utili e si deve avvertire che spesso norme di leggi speciali configurano particolari fattispecie di società (e di regola società per azioni) che se hanno forma giuridica di società lucrativa tuttavia istituzionalmente escludono qualsiasi scopo di divisione di utili (il lucro in senso soggettivo), e talvolta esclusa è la stessa finalità di conseguire un utile di impresa (il lucro in senso oggettivo). Ma si tratta di norme che operano in via di eccezione. Per i tipi di società che si sono indicati è infatti pur sempre principio generale che il contratto di società ha causa lucrativa.

Tipi di società che non hanno scopo lucrativo indicano invece gli artt. 2511 e 2615 ter. In misura talvolta  assolutamente prevalente non hanno scopo lucrativo e hanno invece uno scopo mutualistico le società cooperative dell'art. 2511 che saranno considerate più avanti. E non hanno necessariamente scopo lucrativo le società indicate dall'art. 2615 che «come oggetto sociale» possono assumere lo scopo consortile dell'art. 2602. Si tratterà allora di contratti di società che costituiscono un consorzio tra imprenditori, configurandosi così una organizzazione comune istituzionalmente chiamata a regolare o a svolgere «determinate fasi» della attività degli imprenditori consorziati. La società consortile potrà anche essere consorzio con attività esterna sul modello dell'art. 2612 e perciò svolgere «un'attività con i terzi», perseguendo comunque risultati di contenimento dei costi imprenditoriali e di incremento dei profitti di impresa senza per questo perseguire in senso tecnico uno scopo lucrativo. E società non lucrative possono essere anche le joint venturesse la società che si costituisce per integrare le forze di due o più imprenditori persegue finalità diverse dalla produzione immediata di utili da dividere tra i soci.

6.         Le società di persone. Società semplice, società in nome collettivo, società in accomandita semplice. Società «di fatto», società «apparenti», società «occulte». Il caso delle società «irregolari»

Sono società di persone la società semplice, la società in nome collettivo e la società in accomandita semplice. La società semplice può esercitare soltanto attività non commerciale. La società in nome collettivo che pure è società commerciale può esercitare sia attività commerciale che attività non commerciale. E lo stesso vale per la società in accomandita semplice. Per maggior chiarezza sarà il caso di leggere la disposizione dell'art. 2249. Le società «che hanno per oggetto» l'esercizio di una attività diversa dalla attività commerciale «sono regolate dalle disposizioni sulla società semplice». Perciò la società semplice è il tipo di società naturalmente destinato alle attività dell'impresa agricola. Al secondo comma l'art. 2249 tuttavia non esclude che i soci di una impresa pure non commerciale possano invece scegliere di «costituire la società secondo uno degli altri tipi di società». Da ciò il caso dell'impresa non commerciale organizzata nella forma giuridica della società in nome collettivo o di altro tipo di società commerciale fosse anche un tipo di società di capitali. Per espresso divieto dell'art. 2249 non possono invece darsi imprese commerciali in forma di società semplice.

Se questo è il complessivo disegno delle norme del codice civile (ormai da tempo, e da più parti ) si è segnalata l'esigenza di una loro riforma, occorrendo un intervento legislativo che alle società di persone assegni un regime in linea con la domanda di un adeguamento delle normative agli attuali assetti dell'economia. E muovendo in questa direzione lo «schema» di disegno di legge approvato a febbraio del 2001 prefigura «revisione» delle disposizioni generali in materia societaria e riforma della disciplina delle società di persone, progettando la «soppressione» del tipo sociale «società semplice». Contestualmente si indica nella società in nome collettivo il modello di organizzazione societaria da privilegiare per la generalità delle società personali, sia commerciale oppure di diverso genere la attività svolta da imprese che non assumono la forma e il regime delle società di capitali. E una riforma orientata in questa direzione ha precise motivazioni.

Si deve infatti considerare che all'atto pratico il tipo della società semplice non ha trovato occasioni di frequente impiego. Il rilevante interesse delle disposizioni che la regolano si deve perciò in decisiva misura alle disposizioni degli artt. 2293 e 2315, che come si preciserà ne utilizzano ampiamente i contenuti per dare disciplina a società in nome collettivo e società in accomandita. E già da esse si derivano gli elementi distintivi delle società di persone. «Di persone» perché nel loro regime l'elemento personale rileva in modo particolare. Si guardi al regime di responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali, dei poteri di amministrazione della società e del trasferimento della qualità di socio. Ne risulterà con ogni evidenza che le norme da considerare sono numerose, comportano numerose varianti di regime e talune disposizioni non si uniformano ai principi generali. Ma i principi generali sono di segno assolutamente univoco.

Le società di persone non configurano una «persona giuridica» con un suo patrimonio interamente separato, anche se va considerata la loro possibile trasformazione in società aventi personalità giuridica secondo il regime dell'art. 2498. Per le obbligazioni sociali in linea di principio vale la regola della illimitata e solidale responsabilità di tutti i soci, esclusa soltanto per la categoria dei soci accomandanti della società in accomandita. La qualità di socio in linea di principio assicura ad ognuno un accesso ai poteri di amministrazione della società. E in linea di principio la qualità di socio non si trasferisce a terzi senza il consenso degli altri soci. Da ciò il particolare rilievo del fattore personale che indica tal genere di società come modello normativo certamente preferibile quando si tratta di iniziative imprenditoriali dove più contano le qualità soggettive dei soci e il rapporto fiduciario che li lega, non occorrendo invece la ingente raccolta di risorse finanziarie consentita soltanto a società di capitali.

Quanto al principio della illimitata responsabilità per le obbligazioni sociali si dovranno considerare disposizioni (dell'art. 2267) che consentono un diverso accordo societario o disposizioni (dell'art. 2313) che per la accomandita configurano una categoria di soci accomandanti a responsabilità limitata. Ma il principio generale è pur sempre nel senso che di regola il socio delle società di persone nell'attività di impresa impegna e mette a rischio tutto il suo patrimonio. Un rischio tanto maggiore se si considera che la sua illimitata responsabilità è al tempo stesso responsabilità solidale dell'art. 1292, di modo che dal creditore della società ogni singolo socio potrebbe «essere costretto all'adempimento per la totalità» dell'obbligazione. Ma se la posizione del socio della società «di persone» comporta così pesanti responsabilità ben si spiega quanto l'art. 2257 stabilisce in materia di poteri di amministrazione.

Ancora una volta fa eccezione il caso del socio accomandante. Ma in linea generale e «salvo diversa pattuizione» l'amministrazione della società «spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri». E se poteri di amministrazione competono «a ciascuno dei soci» illimitatamente responsabili «ciascun socio amministratore ha diritto di opporsi all'operazione che un altro voglia compiere». È vero che la «diversa pattuizione» regolata dall'art. 2258 può assegnare soltanto a taluni soci i poteri di amministrazione della società e poteri da esercitare «congiuntamente». Ma in nessun caso per gli altri la posizione di socio diventa pura e semplice partecipazione finanziaria all'attività dell'impresa. Da ciò ancora una volta il particolare rilievo del fattore personale che trova puntuale conferma nella disciplina del trasferimento a terzi della qualità di socio. Per esso occorre il consenso degli altri soci (e l'art. 2284 avverte che nel caso della morte di un socio soltanto il consenso degli altri consentirà ai suoi eredi l'accesso alle attività sociali, essendo ancora una volta eccezione alla regola quanto per l'accomandante dispone l'art. 2322).

Va infine considerato che società di persone possono operare anche in assenza di un atto scritto che le costituisca. Può perciò darsi il caso di società di fatto, inteso come tale il caso dell'attività di impresa che si esercita in comune senza che tuttavia esista alcun formale contratto, esistendo appunto soltanto e in via di fatto condivisione di risorse, di iniziative e di guadagni o perdite. E a seconda che si tratti oppur no di attività commerciale si applicherà la disciplina della società in nome collettivo o quella della società semplice. Altra la fattispecie della società apparente che si presenta quando all'apparenza di in vincolo societario non corrisponde la realtà delle cose, esistendo per l'appunto soltanto le apparenze di un esercizio in comune di attività societarie. Ma l'af­fi­damento ingenerato dalle apparenze non sarà senza conseguenze, configurandosi una responsabilità di tutti gli apparenti «soci» nei confronti dei terzi entrati con loro in relazioni d'affari. Altra ancora la fattispecie della società occulta che si concreta se nelle relazioni d'affari con i terzi l'agire come imprenditore individuale dissimula l'esistenza di una società e di soci che per l'appunto si occultano, naturalmente insorgendo una volta di più responsabilità verso i terzi estese a società occulta e soci occulti.

La società semplice. Per la costituzione della società semplice non esistono requisiti di forma. Più precisamente l'art. 225 stabilisce che «il contratto» sociale «non è soggetto a forme speciali, salvo quelle richieste dalla natura dei beni conferiti». E se non ci sarà scrittura ricorrerà il caso della società di fatto. L'iscrizione della società nella sezione speciale del registro delle imprese vale semplicemente da certificazione anagrafica e da pubblicità notizia. Quanto all'amministrazione opera il già indicato principio di amministrazione disgiuntiva dell'art. 2257 e per la rappresentanza della società dispone l'art. 2266. In tema di responsabilità per le obbligazioni sociali, i creditori «possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale «ma come precisa l'art. 2267 «rispondono inoltre personalmente e solidarmente» i soci che hanno agito «in nome e per conto dellasocieta». E rispondono anche «gli altri soci» salvo «patto contrario». Ma un patto di questo genere deve «essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei» perché in mancanza di ciò la limitazione della responsabilità o la esclusione della solidarietà non sono opponibili «a coloro che non ne hanno avuto conoscenza». Al socio richiesto del pagamento l'art. 2268 assicura il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale.

La società in nome collettivo configura il tipo di società commerciale maggiormente diffuso. In caso di attività commerciale se gli accordi tra i soci non comportano più complesso regime la società sarà infatti società in nome collettivo. E sarà società disciplinata dalle norme degli artt. 2291 a 2312. Ma per disposizione dell'art. 2293 alla società in nome collettivo si applicano anche le norme che regolano la società semplice per tutto quanto non sia diversamente stabilito. Al riguardo rilevano in modo particolare le disposizioni che adesso si segnalano. Per la società in nome collettivo l'art. 2295 prescrive precisi contenuti dell'atto costitutivo. E l'art. 2296 prescrive requisiti di forma, l'atto pubblico o la scrittura privata autenticata che tuttavia non sono condizioni di esistenza della società ma soltanto presupposti della sua regolarità. L'atto pubblico o la scrittura privata occorrono per la iscrizione nel registro delle imprese. In sua mancanza la società pur sempre esiste ed opera essendo tuttavia società in nome collettivo irregolare, assoggettata alla previsione dell'art. 2297 dove si stabilisce che «ferma restando la responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci» fino a quando «la società non è iscritta (…) i rapporti tra la società e i terzi (…) sono regolati dalle disposizioni relative alla società semplice».

Rilevano poi in modo particolare le norme di speciale disciplina del regime di responsabilità per le obbligazioni sociali. L'art. 2291 stabilisce infatti che nel caso della società in nome collettivo tutti i soci «rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali». È vero che non diversamente da quanto è previsto per la società semplice è possibile un «patto contrario». Ma nel caso della società semplice la limitazione di responsabilità stabilita a favore di taluni soci è opponibile ai terzi se portata a loro conoscenza «con mezzi idonei». Mentre invece l'art. 2291 avverte che nel caso della società in nome collettivo tale patto non ha effetto nei confronti dei terzi. E questo significa che i creditori della società trovano adeguate garanzie di tutela del loro credito sia nel patrimonio sociale sia in quello personale di ogni singolo socio.

A vantaggio dei soci opera invece la regola che l'art. 2304 stabilisce in punto di autonomia patrimoniale della società. I creditori sociali infatti non possono pretendere il pagamento dei debiti sociali dai singoli soci se non dopo la escussione del patrimonio sociale. Nel loro interesse opera perciò una disposizione più favorevole di quanto non sia l'art. 2268 per i soci della società semplice, che sono invece tenuti a domandare la preventiva escussione della società dovendo poi indicare «i beni sui quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi». Si consideri infine che se al creditore particolare di un socio di società semplice è consentito domandare la liquidazione della quota del socio debitore, «finché dura la società» questo non è consentito al creditore particolare di un socio di società in nome collettivo. Per il caso di trasformazione della società operano gli artt. 2498 a 2500.

Quanto alla società in accomandita semplice l'art. 2315 stabilisce che ad essa si applicano le disposizioni relative alla società in nome collettivo se «compatibili con le norme» di speciale regime degli artt. 2313 a 2324. La società in accomandita come già si diceva ha il suo elemento distintivo nella presenza di due diverse categorie di soci. Presenza necessaria perché come avverte l'art. 2323 «quando rimangono soltanto soci» di una delle due categorie si determina una causa di scioglimento della società. Sono accomandatari i soci che amministrano la società e portano su di sé illimitata e solidale responsabilità per le obbligazioni sociali. Accomandanti sono i soci che invece di esse rispondono limitatamente alla quota conferita e per disposizione dell'art. 2320 non possono compiere atti di amministrazione né trattare o concludere affari in nome della società «se non in forza di procura speciale per singoli affari». Sull'amministrazione della società i soci accomandanti hanno poteri di controllo assicurati dal secondo comma dell'art. 2320, dove si stabilisce che «in ogni caso» essi «hanno diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite» e diritto di «controllarne l'esattezza, consultando i libri e gli altri documenti della società».

Va poi considerato che «sotto la direzione» dei soci accomandatari e «amministratori» della società i soci accomandanti «possono tuttavia prestare la loro opera», non essendo escluso che l'atto costitutivo della società «per determinate operazioni» preveda una loro autorizzazione o un loro parere. Ma si tratta pur sempre di soci per così dire «capitalisti» che in previsione di un utile finanziano attività di impresa amministrate da altri, i soci accomandatari e imprenditori che nell'esercizio delle attività di impresa si devono uniformare alla già segnalata disposizione dell'art. 2315, là dove si stabilisce che alla società in accomandita semplice «in quanto (…) compatibili» si applicano le norme che valgono per la società in nome collettivo. Particolarità di disciplina non mancano se ad esempio si considera che la quota di di partecipazione del socio accomandante è «trasmissibile per causa di morte». Ma prevalgono le uniformità di regime dovendosi tuttavia considerare che cosa stabilisce l'art. 2317 quanto al caso della società in accomandita irregolare per il caso di mancata iscrizione nel registro delle imprese. Per il caso della trasformazione in società di capitali si devono ancora una volta leggere gli artt. 2498 a 2500.

7.         Le società di capitali. Società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata. Le società per azioni «quotate»

Nel più ampio contesto delle società lucrative e commerciali sono società di capitali la società per azioni, la società in accomandita per azioni e la società a responsabilità limitata. Le società di capitali hanno personalità giuridica e  nell'originario disegno del libro quinto del codice civile per tutte valevano alcuni principi di significativo rilievo. Ne risultava infatti prescritta e inderogabile una loro organizzazione di genere corporativo mediante organi (l'assemblea dei soci, gli amministratori, il collegio sindacale) titolari per legge di  loro competenze e funzioni. Era stabilito che le deliberazioni degli organi della società si assumono secondo principio maggioritario e che  singoli soci non hanno poteri di amministrazione e di controllo, concorrendo soltanto con l'esercizio del diritto di voto alla designazione dei membri degli organi  chiamati a svolgere le indicate funzioni. Operava comunque  il principio capitalista di modo che i singoli soci esercitano i diritti di voto e godono degli altri diritti del socio in una proporzione determinata dalla entità delle loro partecipazioni al capitale sociale.

All'originario disegno delle norme del codice civile occorre adesso guardare nella prospettiva delineata dalla grande riforma di sistema avviata con la legge del 3 ottobre 2001 n. 366,che delegava il governo <ad adottare uno o più decreti legislativi recanti > una organica riforma  < della disciplina delle società di capitali e cooperative > e degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società commerciali >,essendo oggetto della delega anche  la codificazione di <nuove norme >  sulla <procedura per la definizione dei procedimenti > in materia di diritto societario  e nelle materie regolamentate dal  Testo unico delle leggi in materia di intermediazione finanziaria approvato con il decreto legislativo del 24 febbraio 1998 n. 58 (in via breve il Tuf ) e dal Testo unico delle leggi materia bancaria e creditizia  approvato con il decreto legislativo 1 settembre 1993 n. 385.

    Da ciò la serie dei decreti  legislativi che complessivamente considerati costituiscono organica e in più parte davvero radicale riforma di un intero ordinamento di settore .E per quanto in queste pagine maggiormente interessa da ciò  le disposizioni  del decreto legislativo 17 gennaio 2003 n. 6 ,che a far data dalla loro entrata in vigore stabilita per  il primo gennaio 2004 assegnano nuovo regime a società  di capitali e società cooperative.Se ne risultano confermati i principi costitutivi di qualsiasi possibile regime delle società di capitali e delle società cooperative  al tempo stesso la riforma del gennaio 2003 ha infatti privilegiato una politica del diritto che varia di molto l'originario disegno delle norme del codice civile , nel suo quinto libro adesso in grande parte sostituite  da disposizioni in linea con il modello già puntualmente prefigurato dalla legge di delega dell'ottobre 2001.

      In modo particolare  occorrevano norme  capaci di <favorire la nascita,la crescita e la competitività delle imprese,anche attraverso il loro accesso ai mercati interni e internazionali dei capitali >.E norme capaci di <valorizzare il carattere imprenditoriale delle società > dovendosi <definire con chiarezza e precisione i compiti e le responsabilità degli organi sociali.: Norme infine capaci di <semplificare la disciplina delle società > e di ampliare  gli ambiti dell'autonomia statutaria <tenendo conto delle esigenze di tutela dei diversi interessi coinvolti >, dovendosi comunque adeguare la disciplina  societaria alle speciali <esigenze delle imprese > e agli altri <principi generali > enunciati dall'art. 2 della legge di delega (che naturalmente è disposizione da leggere per intero ).

Quanto alle società per azioni va poi ricordato che a conclusione dell'incontro dei capi di governo del dicembre 2000 è stato finalmente raggiunto un accordo sulle disposizioni intese a stabilire con regolamento comunitario il regime di statuto della società europea, cosa che finalmente consentirà alle imprese di dimensione sovranazionale una adeguata configurazione come società di diritto comunitario. E tutto questo con la contestuale «salvaguardia» dei «diritti dei lavoratori» perché al tempo stesso si è approvato un progetto di direttiva sulla loro «partecipazione» alle decisioni di impresa. Per una ricognizione di campo davvero attenta alle linee di possibile evoluzione dell'ordinamento comunitario molto altro ancora si dovrebbe riferire con speciale riguardo all'entrata in vigore o comunque alla progettazione di direttive che contestualmente si riferiscono a società di capitali e mercato finanziario.

     In queste pagine tuttavia è possibile  soltanto una serie di riferimenti all'ordinamento nazionale  che sia pure  in via di  prima approssimazione consentano di identificarne i nuovi caratteri distintivi,dovendosi poi (ma più avanti) segnalare lo speciale regime a suo tempo già disposto dal Tuf per le società azionarie con azioni quotate in mercati regolamentati. E  sarà bene considerare fino da adesso il particolare rilievo del primo comma  del nuovo art. 2325 bis e delle  numerose  disposizioni finalmente intese a stabilire speciali discipline per le società pure non quotate che fanno ricorso al capitale di rischio essendo perciò attive sul mercato della raccolta di pubblico risparmio. Ma  per fare chiarezza sullo  scenario di insieme delle società di capitali occorre intanto muovere dal riscontro delle  fondamentali differenze di loro regime  che riguardano partecipazioni societarie e responsabilità per le obbligazioni sociali.

Nella società per azioni come si legge al primo comma dell'art. 2346 la « partecipazione sociale è> naturalmente < rappresentata da azioni». E l'art. 2325 stabilisce che per le obbligazioni sociali risponde «soltanto la società con il suo patrimonio». Altro invece è il regime della società azionaria in accomandita quanto alla disciplina delle obbligazioni sociali. L'art. 2452 stabilisce infatti che in tal genere di società se «i soci accomandanti sono obbligati» soltanto «nei limiti della quota di capitale sottoscritta» i soci accomandatari invece «rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali». E anche la società a responsabilità limitata ha una sua specialità di regime. «Per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio» come nel caso della società per azioni ma  l'art. 2468 avverte che le quote di partecipazione dei soci non possono «essere rappresentate da azioni». E alle differenze di regime con ogni evidenza corrispondono differenze di funzioni d'uso dei singoli tipi di società di capitali.

La perfetta autonomia patrimoniale della società per azioni consente investimenti finanziari con limitato rischio di portafoglio. E una partecipazione sociale costituita da «azioni» è valore che si trasferisce con notevole facilità. La società per azioni costituisce perciò un perfetto congegno di raccolta di risorse in funzione di ogni attività di impresa che si progetti di svolgere con un consistente capitale e ad una contenuta soglia di rischio personale. Le grandi iniziative di genere imprenditoriale invariabilmente prendono quindi la forma giuridica della società per azioni. Il principio capitalista assicura ai soci che hanno le maggiori partecipazioni azionarie il comando della società. Una efficiente gestione delle attività di impresa può accrescere il valore delle partecipazioni azionarie minori che appartengono ad azionisti «risparmiatori» naturalmente interessati soltanto alla remunerazione del loro investimento.

La società in accomandita per azioni  a veder bene costituisce soltanto una variante di modello tanto che per norma dell'art. 2454 ad essa «sono applicabili le norme relative alla società per azioni in quanto compatibili con le disposizioni seguenti», e perciò gli artt. 2455 a 2461 che per la società in accomandita stabiliscono alcune regole particolari in tema di atto costitutivo, di gestione e scioglimento della società. Norme che semplicemente si devono alla distinzione tra soci «accomandatari» e «di diritto» amministratori della società e soci «accomandanti» che conferiscono capitale ma non amministrano. E ad una loro lettura senz'altro si rinvia anche  perchè il ricorso al tipo della accomandita per azioni è tutt'altro che frequente mentre invece già in passato si è riscontrata una significativa frequenza d'uso del tipo sociale «a responsabilità limitata».Importanti risultati sono adesso attesi  dalle innovazioni di regime prefigurate dalla riforma del gennaio   2003.

Nelle intenzioni del legislatore del 1942 la società a responsabilità limitata doveva svolgere una speciale funzione. Doveva infatti operare come la forma di società di capitali più indicata per le iniziative di impresa intese a trovare il miglior punto di equilibrio tra limitazioni di responsabilità dei soci e loro maggior e più diretta partecipazione alle vicende societarie. Questo tipo di società doveva perciò corrispondere alle necessità di imprese a limitate dimensioni da regolare secondo un regime notevolmente diverso da quanto stabiliscono le norme di regime della società per azioni. Ma le disposizioni degliartt. 2472 a 2497 bis erano in ampia misura disposizioni di rinvio alla disciplina della società per azioni, e comunque ad essa uniformate in misura tale che la società a responsabilità limitata finiva necessariamente  per essere anch'essa soltanto una variante del modello di riferimento.

      È vero che l'art. 2474 stabiliva una minore entità del capitale sociale occorrente per costituire società a responsabilità limitata. Ancora l'art. 2474 insieme con l'art. 2479 e altre disposizioni stabilivano un particolare regime delle partecipazioni sociali, che potevano essere «quote» anche di «diverso ammontare» assoggettate ad uno speciale regime di circolazione. A loro volta gli artt. 2484 a 2493 contenevano disposizioni particolari in materia di organi societari, libri sociali e documenti di bilancio. Ma tutto questo non bastava per dare consistenza reale al progetto che era nelle intenzioni del legislatore. E a veder bene il ricorso al tipo della  società a responsabilità limitatataaveva una motivazione forte soltanto se si desiderava garantire il carattere personale della partecipazione societaria, usando le previsioni di limite o di esclusione della circolazione delle quote previste dall'art. 2479.

  In ogni altro caso anche per imprese di limitate dimensioni molto spesso si preferiva perciò la forma societaria della società per azioni. Ma anche per quanto riguarda la società a responsabilità limitata la riforma del gennaio 2003 ha finalmente codificato norme che  seguendo le indicazioni di principio dell'art. 3 della legge di delega prefigurano adesso un modello societario sicuramente  innovativo e  capace di ampio impiego ,così da offrire finalmente  strumenti utili per  iniziative  di  piccola e media imprenditorialità  finalmente in linea con le esigenze di una evoluta economia capitalista di mercato. In decisiva misura il mondo delle società di capitali continuerà comunque  ad essere  mondo di società per azioni, dovendosi allora  distinguere con la necessaria chiarezza tra fenomeni di genere assolutamente diverso.

Una cosa è infatti la società a ristretta base azionaria,  altra cosa la società conazionariato diffuso che coinvolge su scala di massa azionisti «risparmiatori». E così una cosa è operare sul mercato senza aggregazioni di gruppo, altra cosa l'appartenza della società ad un gruppo di imprese che unisce risorse finanziarie, coordina attività e apparati aziendali, occupa mercati secondo strategie di insieme. Alla diversità dei fenomeni naturalmente nel lungo periodo finiscono per corrispondere diversità dei congegni normativi. Di regola integrata in un sistema di gruppi di società (che sono sempre più spesso gruppi organizzati ad una dimensione multinazionale) in ogni caso costituisce ormai tipo sociale a sé la società con azioni quotate, che trova la sua speciale disciplina nelle norme del Tuf.

Più precisamente le norme del Tuf si riferiscono alle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell'Unione Europea. Perciò alle società che con la ammissione alle quotazioni di mercato delle loro azioni offrono al mercato strumenti finanziari espressamente rivolti alla raccolta di risparmio su scala di massa. Da ciò i problemi di protezione legislativa degli investitori «risparmiatore» che le norme del T.u.f. finalmente organizzano in una coerente disciplina di genere speciale, che a loro tutela variamente attiva garanzie di trasparenza delle attività e degli assetti azionari, nuovi diritti degli azionisti di minoranza, funzioni di controllo sull'ammi­nistrazione della società e molto altro ancora. Si tratta di un insieme di garanzie che in decisiva misura rinviano alle ulteriori normative regolamentari e alle attività di vigilanza delle autorità di pubblica regolazione dell'economia finanziaria. E un ruolo di particolare rilievo compete alla Commissione nazionale per le società e la borsa, la Consob, chiamata dal Tuf a funzioni di controllo quanto mai impegnative.

All'ordinamento delle società con azioni quotate si deve guardare con l'atten­zione necessaria per segnalare i caratteri distintivi di un nuovo tipo sociale, già in significativa evidenza se si considerano la configurazione di una particolare categoria di azioni quali sono le azioni di risparmio, il particolare regime di trasparenza delle proprietà azionarie e segnatamente delle partecipazioni rilevanti per la loro consistente entità, la disciplina dei rapporti di gruppo e degli accordi per così dire parasociali che possono intercorrere tra soci di comando, la normativa di obbligo operante in materia di offerte pubbliche di acquisto e di scambio dovendosi ancora considerare che operano speciali disposizioni quanto a disciplina della rappresentanza e delega nell'esercizio di diritti di voto e voto per corrispondenza, una diversa regolamentazione dei controlli contabili e di gestione e uno speciale regime dei documenti di bilancio delle società.

Sarà infine il caso di ricordare ancora che le società con azioni quotate derivano grande parte della loro disciplina dalle norme di disciplina dei mercati finanziari. E a sua volta il diritto dei mercati finanziari è in ampia misura disciplina di società azionarie. Nel sistema del Tuf le imprese di intermediazione mobiliare che nell'in­teresse degli investitori operano su mercati finanziari sono infatti banche, imprese di assicurazione, società di gestione del risparmio o società di investimento mobiliare (le S.i.m.), sempre e comunque società azionarie sia pure a diritto speciale. Per l'art. 61 Tuf l'attività di organizzazione e gestione dei mercati finanziari ha «carattere di impresa» ed è esercitata da società per azioni. Per l'art. 80 «carattere di impresa» esercitata da società per azioni ha anche l'attività di gestione accentrata e dematerializzata degli strumenti finanziari. E tra gli strumenti finanziari che l'art. 1 Tuf indica come valori «negoziabili sul mercato dei capitali» naturalmente occupano posizione di primario rilievo «le azioni» ammesse a quotazione in quanto «titoli rappresentativi di capitale di rischio». Adesso molto rileva la «cartolarizzazione» dei crediti consentita dalle norme della legge 130 del 1999. Ma il diritto dei mercati finanziari è pur sempre diritto speciale che fa parte a sé.

 

8.L'intervento normativo del gennaio 2003 e i principi costitutivi della  disciplina delle società di capitali.Tipologia e  varianti organizzative della società per azioni.Il nuovo regime delle società a responsabilità limitata.

 

Codificando regole  di nuova disciplina delle società di capitali, l'intervento normativo del gennaio 2003 ha apportato al quinto libro del codice civile variazioni di sistema  e riforme di regime delle singole parti di materia che soltanto in via di prima approssimazione è possibile  documentare con pagine di estrema sintesi.Ma esistono pur sempre disposizioni particolarmente rappresentative che già quanto alla società per azioni consentono di orientare l'analisi nella giusta direzione. E in questo senso è assolutamente emblematica la formulazione dell'art. 2325 bis . Se stabilendo il principio generale  in materia di responsabilità per le obbligazioni sociali l'art. 2325 identifica la società per azioni,a sua volta l'art. 2325 bis qualifica società che fanno ricorso la mercato del capitale di rischio quante sono società emittenti di azioni quotate in mercati regolamentati o comunque di azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante, destinando ad esse un consistente numero di disposizioni a carattere speciale che sono espressione di una precisa politica del diritto.

Con ogni evidenza si tratta infatti di disposizioni intese ad assicurare risultati di investorprotection finalmente in linea con il principio di costituzione economica (del primo commdell'art. 47 Cost) che imperativamente domanda tutela del pubblico  risparmio (e <in tutte le sue forme >). Quali azioni devono considerarsi diffuse tra il pubblico in misura rilevante precisa l'art. 11 bis delle disposizioni di attuazione dove si rinvia  a normative regolamentari(della Consob) che indicano come riferimenti determinanti il numero dei soci e un certo ammontare del patrimonio netto della società. E a garanzia di tutela del risparmio operano le prescrizioni della riforma del gennaio 2003 che per le società attive sul mercato del capitale di rischio impongono un maggior numero di norme con carattere di imperatività,un più rigoroso regime di informazione dell'azionista,speciali modalità di controllo sulla gestione societaria e di carattere contabile (ma poi altro ancora di modo che insieme con gli artt.2341 ter 2347,2351,2372  e 2409 bis sarà bene leggere gli artt.2377 , 2379 ter ,2393 bis e 2409).

Da ciò una autentica svolta di sistema tanto più consistente se si considera che <in quanto non sia diversamente disposto da altre norme> l'intera serie delle prescrizioni di nuova disciplina generale delle società azionarie comunque   si applica anche alle società con azioni quotate in mercati regolamentati, rendendosi perciò necessaria una ricomposizione unitaria delle previsioni del quinto libro del codice civile con le discipline speciali del Tuf , una volta di più da pensare in funzione delle dovute garanzie di protezione degli azionisti risparmiatore . Per valutare poi in che misura la riforma del gennaio 2003 realizza al tempo un complessivo  programma di miglior regolazione del mondo societario naturalmente occorre la attenta considerazione delle norme che saranno segnalate più avanti.Ma già adesso sarà bene segnalare la dichiarata intenzione legislativa di semplificare la disciplina del settore  in considerazione delle esigenze delle imprese e del mercato concorrenziale (come si legge alla lettera c) dell'art. 2 della legge di delega dell'ottobre 2001),come si ricorderà contestualmente ampliandosi gli ambiti dell'autonomia statutaria  con particolare riguardo alla libera scelta delle forme organizzative dell'impresa.

E se in questa prospettiva di analisi anche molto altro occorre considerare già da adesso è d'obbligo un primo riferimento alle innovazioni di sistema che il legislatore del gennaio 2003 ha derivato dalla multiforme esperienza degli ordinamenti di paesi ad evoluta economia capitalista di mercato. Si conferma perciò il tradizionale modello organizzativo del codice civile con la consolidata conformazione di assemblea dei soci,amministratori e collegio sindacale.Ma derivando indicazioni dall'esperienza tedesca (e francese) delmodello dualistico la riforma del diritto societario adesso offre la alternativa costituita dalla interposizione tra assemblea dei soci e amministratori che compongono un consiglio di gestione  di un consiglio di sorveglianza nominato dall'assemblea,che se sostituisce il collegio sindacale  allo stesso modo riceve in attribuzione  talune competenze (e tra queste la approvazione del bilancio) altrimenti tradizionalmente riservate all'assemblea. E dalla esperienza  di altri ordinamenti(e particolarmente dall'esperienza nord americana ) si deriva l'ulteriore alternativa  del modello monistico che sostituisce al collegio sindacale un comitato di controllo costituito al suo interno dal consiglio di amministrazione.

La libertà di scelta tra modelli organizzativi così prefigurata dagli artt. 2409 octies e  2409sexiesdecies documento con ogni evidenza a che soglia si spinga il valore riconosciuto al principio di autonomia statutaria .E tuttavia sarà agevole constatare che il medesimo principio caratterizza il complessivo insieme della normativa codificata a gennaio del 2003. Assolutamente emblematica è in questo senso la serie delle disposizioni  che rimuovono la regola di tipicità delle partecipazioni azionarie  adesso sostituita da regole di autonomia statutaria che alla società per azioni consentono di configurare < partecipazioni> e perciò <azioni >di atipico e vario contenuto, a seconda delle particolari esigenze e strategie di mercato della singola impresa societaria (così come di congegnare strumenti finanziari diversi dalle azioni una volta di più configurati nel modo che l'autonomia statutaria suggerisce ). Si consideri infine già da adesso che la stessa autonomia statutaria non esaurisce lo spazio aperto alla libertà di determinazione dei soci,essendo spazio aperto al loro potere di iniziativa anche la sottoscrizione di patti parasociali che osservando la norma dell'art.2341 bis  possono così significativamente aggiungersi al contratto sociale .

Delle particolarità di regime delle società per azioni si dirà più avanti (dovendosi ricordare che la società in accomandita per azioni ne costituisce soltanto una variante).E si è già avvertito che la riforma legislativa del gennaio 2003 ha contestualmente provveduto ad una radicale innovazione della disciplina della società a responsabilità limitata per adeguarne il regime  alle esigenze  della piccola e media imprenditorialità di una evoluta economia di mercato.Ne risulta configurato un tipo societario assolutamente particolare per la compresenza di caratteri distintivi che se la qualificano come società di capitali al tempo stesso ne valorizzano il fattore  personale, assegnando il maggior rilievo alla posizione individuale dei singoli partecipanti che nelle norme della riforma  trovano spazio aperto ad una loro attiva partecipazione  alle attività sociali. In questo senso , la disciplina della società a responsabilità limitata non è davvero più derivazione dalla disciplina della società per azioni.E suo punto forte è la flessibilità di regime assicurata dal ruolo dominante che come si preciserà   è finalmente  assicurato al principio di autonomia statutaria .

Da ciò la motivata attesa  che operando con le modalità adesso consentite dagli artt. 2462 a 2483 il comparto delle  società a responsabilità limitata  possa  svolgere una funzione imprenditoriale di importante rilievo nel contesto di un sistema <paese > dove piccola e media impresa sono da sempre struttura portante dell'economia reale.Alla costituzione di una società a responsabilità limitata per contratto o con atto unilaterale  si perviene uniformandosi alle prescrizioni dell'art. 2463 dove si enumerano i necessari requisiti dell' atto costitutivo  segnando a diecimila euro l'ammontare minimo del capitale sociale . Per le possibili modificazioni dell'atto costitutivo valgono le disposizioni degli artt. 2480 a 2483. E l'art. 2462 conferma che la società a responsabilità limitata è soggetto di diritto operante in regime di perfetta autonomia patrimoniale  di modo che  <per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il su patrimonio>.

 Una volta stabilito che  il valore dei conferimenti non può essere complessivamente inferiore all'ammontare del globale del capitale sociale, l'art. 2464 ne precisa la disciplina e i criteri di stima. Per disposizione dell'art. 2468 le partecipazioni dei soci possono essere quote di diverso ammontare , hanno il regime di circolazione dell'art. 2470  e alla distribuzione degli utili si perviene in osservanza dell'art. 2478 bis.Le partecipazioni sociali  non possono essere rappresentate da azioni e non possono essere oggetto di sollecitazione all'investimento del pubblico risparmio. Se questa prescrizione esclude la società a responsabilità limitata dal mercato finanziario e dalle operazioni  di raccolta  di capitali di rischio, sarà evidente tutto il rilievo delle disposizioni della riforma del gennaio 2003 che alla società tuttavia adesso consentono la emissione di titoli di debito ,che a norma dell'art. 2483 possono essere sottoscritti soltanto da investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale  ( ma con le dovute garanzie possono poi avere un loro mercato secondario preso il pubblico degli investitori non professionali) .

In che misura l'autonomia statutaria è  nota dominante del sistema indicano con chiarezza  norme che se  prefigurano come  modello una organizzazione societaria  di genere tradizionale, e perciò comprensiva di assemblea dei soci  così come amministratori e di un  collegio sindacale con funzioni di vigilanza  al tempo stesso consentono alla libertà negoziale dei soci di organizzare diversamente l'assetto societario, privilegiando le varianti di volta in volta ritenute più rispondenti alle esigenze della singola compagine societaria. Se infatti occorre provvedere con decisione assembleare ai sensi dell'art. 2479 bis quando ciò sia richiesto da amministratori o soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale ( e nelle altre fattispecie di particolare rilievo  indicate dal quarto comma dell'art. 2479 ), l'atto costitutivo della società può  tuttavia stabilire  che nella generalità dei casi alla decisione dei soci si pervenga in assenza di riunione assembleare procedendosi allora nel modo disposto dal terzo e sesto comma dell'art. 2479.

Quanto alle  deliberazioni assembleari che fossero assunte in violazione di norme di legge o in difformità dall'atto costitutivo vale la previsione dell'art. 2479 ter . Entro tre mesi dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci possono impugnare tali deliberazioni sia  i soci <che non vi hanno consentito > che gli amministratori e il collegio sindacale, essendo tuttavia  possibile che (se ne è fatta richiesta) il tribunale assegni un termine per la adozione di una nuova decisione <idonea ad eliminare la causa di invalidità >. E le medesime regole valgono  per il caso di decisione assunta con il voto determinante di un socio che agisca in conflitto di interessi.Altro invece il regime delle decisioni di oggetto (impossibile o ) illecito  oppure prese  in assoluta assenza  della necessaria informazione,che entro il termine di tre anni possono essere  impugnate da chiunque vi abbia interesse. E ancora l'art. 2479 ter  legittima all'impugnativa < senza limiti di tempo>  le deliberazioni che modificano l'oggetto sociale con la previsione di attività illecite (o impossibili).

Le attività di gestione, la redazione del progetto di bilancio e di eventuali progetti di fusione o scissione ,le decisioni di aumento del capitale  e la rappresentanza legale della società competono agli amministratori  che saranno <uno o più soci >  ( che restano in carica a tempo indeterminato )salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo.E si ricordi che l'autonomia statutaria della società a responsabilità limitata consente di disporre deroga al principio di collegialità ,essendo previsto  dal terzo comma dell'art. 2475 che < quando l 'amministrazione è affidata a più persone (…) l'atto costitutivo> possa stabilire che  <l'amministrazione sia ad esse affidata disgiuntamente  oppure congiuntamente >.Per un  agire degli amministratori in conflitto di interessi o violando i doveri a loro imposti dalla legge o dall'atto costitutivo si applicano le discipline di annullabilità dei contratti e di responsabilità per i danni che si stabiliscono agli artt. 2475 ter e 2476.

Allo svolgimento delle funzioni di vigilanza e al controllo legale dei conti  di regola provvederà un collegio sindacale  o un revisore  nominati secondo una previsione statutaria che ne stabilirà competenze e poteri. Ma per l'art. 2477 obbligo di nomina esiste soltanto se il capitale sociale non è inferiore a centoventimila euro oppure se per due consecutivi esercizi sono stati superati due dei limiti che l'art. 2435 bis fissa con riguardo a totale dell'attivo dello stato patrimoniale ,ricavi delle vendite  e numero dei dipendenti occupati. E nelle società dove manca il collegio sindacale a svolgere talune delle funzioni di vigilanza altrimenti assegnate a i sindaci a veder bene  saranno i soci che non partecipano alla amministrazione della società, che il secondo comma dell'art. 2476 legittima a  a ricevere dagli amministratori notizie sugli affari sociali, così come a consultare libri sociali e altri documenti relativi all'amministrazione dell'impresa(ma per una miglior rappresentazione dello status socii di società a responsabilità limitata si leggano anche gli artt.2469 e 2470 regolanti il  trasferimento delle partecipazioni,   , l'art. 2471 bis  in materia  di loro pegno ,usufrutto e possibile sequestro oltre che  gli  artt. 2473 e 2473 bis  dove  si disciplinano diritti di  recesso   del socio e fattispecie di sua possibile esclusione dalla compagine sociale ).

 

9.         Lo scopo mutualistico e le società cooperative. Società a mutualità prevalente. La struttura «a porta aperta» e a capitale variabile.Il sistema delle forme di finanziamento. Organizzazioni di gruppo, mutue assicuratrici.

 

L'art. 2511 definisce come  cooperative le società a capitale variabile  che hanno scopo mutualistico senza tuttavia precisare in che cosa esso consista. A fare chiarezza tuttavia provvedeva già  la relazione al codice civile dove si legge che< mutualistico> è lo scopo di «fornire beni o servizi o occasioni di lavoro (…) ai membri dell'organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle» offerte dal mercato. Il vantaggio cooperativo e la utilità che i soci della società cooperativa ne derivano è perciò un risparmio di spesa (come nel caso di ogni «cooperativa di consumo») oppure una maggiore remunerazione del lavoro (come appunto nel caso nel caso della «cooperativa di produzione e di lavoro»). Ma lo scopo mutualistico non è necessariamente lo scopo esclusivo della società cooperativa che può anche svolgere attività di offerta a terzi  delle sue prestazioni.E possono darsi soci <sovventori> che apportano alla società risorse finanziarie senza essere interessati alle indicate prestazioni.      

Il fenomeno cooperativo ha rilevanza costituzionale.L'art. 45 Cost. si riferisce infatti alle attività di «cooperazione» con «carattere di mutualità» svolte «senza fini di speculazione privata» per riconoscere la loro funzione sociale , precisando che «la legge ne promuove e favorisce l'incremento» dovendo al tempo stesso provvedere agli «opportuni controlli».Opera  un complesso ordinamento di materia  che consiste di numerose  leggi speciali e di norme del codice civile , gli artt. 2511 a 2548 che la riforma del gennaio 2003 ha fortemente innovato con significative disposizioni di disciplina generale del settore.Inmodo particolare rileva la distinzione tra società cooperative a mutualità prevalente e società cooperative di altro genere .

<In ragione del tipo di scambio mutualistico > sono <a mutualità prevalente> le cooperative che svolgono la loro attività prevalentemente in favore < dei soci,consumatori o utenti > di loro prestazioni, e che come ancora precisa l'art. 2512 nello svolgimento delle attività  <prevalentemente > si avvalgono delle prestazioni lavorative  e degli apporti di beni e servizi < da parte dei soci >. Quali sono i criteri per la determinazione della prevalenza stabilisce l'art. 2513. Con disposizioni da leggere per intero l'art. 2514 stabilisce  quali sono i requisiti delle cooperative a mutualità prevalente  necessariamentericompresi nella loro disciplina statutaria. E soltanto le cooperative a mutualità prevalente usufruiscono per intero delle agevolazioni previste per il mondo della cooperazione,le altre essendo invece(ammesse ad ogni altra ma ) escluse dalle agevolazioni di ordine tributario.

 L'art. 2519 avverte che <per quanto> non sia loro speciale disciplina <alle società cooperative> se  < compatibili > si applicano <le disposizioni sulla società per azioni > . Ma già nel codice civile le norme di loro speciale disciplina sono numerose e massimamente rilevanti,delineandosi un ordinamento di settore che in queste pagine è tuttavia possibile segnalare guardando soltanto alle grandi linee del sistema. E guardando soltanto alle innovazioni che caratterizzano in modo particolare la riforma del gennaio 2003 così da assicurare  al mondo della cooperazione un regime che sicuramente ne valorizza il  ruolo imprenditoriale e le funzioni da svolgere nel contesto di una evoluta economia di mercato.

Innovazioni significative già quanto all'assetto complessivo del sistema.Si consideri che insieme al tipo della cooperativa con responsabilità limitata  dei suoi soci la disciplinaprevigente configurava il tipo della società cooperativa con soci a responsabilità illimitata,e perciò tale che «per le obbligazioni sociali >rispondeva  la società con il suo patrimonio essendo tuttavia stabilito che in caso di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa «in via sussidiaria» anche i soci ne rispondessero «solidalmente e illimitatamente». L'art. 2518 del codice civile adesso invece prefigura  e ammette soltanto il tipo della  società cooperativa con responsabilità limitata dei suoi soci. Per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio.E con riguardo ai <rapporti con i soci> la disposizione di principio dell'art. 2516 avverte che  <nella costituzione e nell'esecuzione dei rapporti mutualistici deve essere rispettato il principio della parità di trattamento>.

In tema di conferimenti dei soci così come per il regime delle loro deliberazioni assembleari e per  l' amministrazione della società ( si tratti del modello tradizionale o invece dei nuovi modelli <monastico> o < dualistico >), la società cooperativa in via principale deriva la sua disciplina dalle norme regolatrici della società per azioni.Ma sarà pur sempre utile  una attenta considerazione di singole disposizioni che (come ad esempio l'art.  2519 secondo comma,gli artt. 2538 a 2540  e gli artt. 2542 a 2545 ) stabiliscono rilevanti particolarità di regime. E sono comunque da leggere con attenzione  le prescrizioni che qualificano lo status socii (e segnatamente gli artt. 2527,2530 e 2532) così come le prescrizioni (degli artt.  2545 octies a 2545 undecies)in materia  di perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente, di modificazioni dell'atto costitutivo o di trasformazione della società e altre ancora  Ma più ancora si deve attenzione alle disposizioni che maggiormente concorrono ad  assegnare alla società cooperativa una sua speciale identità.

L'art. 2524 stabilisce che la variazione del numero e delle persone dei soci non comporta< modificazione dell'atto costitutivo > e che il capitale della società <non è determinato in un ammontare prestabilito>. Diversamente dalle società di capitali la società cooperativa è perciò società a porta aperta e a capitale variabile. La partecipazione del socio può essere rappresentata da «quote»  oppure da azioni secondo quanto disponga l'atto costitutivo ma l'art. 2525 in entrambi i casi stabilisce significativi limiti alla possibile entità delle partecipazioni societarie.  Altra e quanto mai significativa particolarità di regime delle società cooperative si deve poi all'art. 2538, dove ( se non mancano fattispecie diversamente regolate tuttavia)si stabilisce il principio  generale una testa un voto ,disponendo che < ciascun socio cooperatore > ha soltanto un voto «qualunque sia il valore» della sua quota o il numero delle azioni possedute . E quanto al diritto < agli utili e alle riserve > dei < soci cooperatori> vale il regime dell'art. 2545 quinquies .

Molto naturalmente rilevano le disposizioni che alle società cooperative consentono la acquisizione di risorse finanziarie. Come già si sa l'ordinamento del settore cooperativo è in ampia misura  materia di leggi speciali. E in tema di financial economy innovazioni di grande rilievo si erano concretate già  con la l. 31 gennaio 1992 n. 59. In considerazione delle necessità di finanziamento dell'impresa cooperativa, la legge del 1992 ha infatti ammesso la partecipazione al capitale delle cooperative di soci sovventori ,che conferiscono risorse ricevendo azioni nominative liberamente trasferibili e possono essere privilegiati nella remunerazione dell'in­vestimento. E alle imprese cooperative che attivano «procedure di programmazione (…) finalizzate allo sviluppo o all'ammodernamento aziendale» dalla legge del gennaio  1992 è consentita la emissione di azioni di partecipazione cooperativa, azioni che possono essere al portatore e sono prive di voto ma favorite nella ripartizione degli utili e quanto al rimborso del capitale.

A integrazione della disciplina del settore l'art.  2526 consente adesso alla società cooperativa l'emissione di strumenti finanziari  diversi da azioni e obbligazioni <secondo la disciplina prevista per le società per azioni>.L'atto costitutivo della società deve  stabilire i diritti di amministrazione o patrimoniali attribuiti ai possessori di tali strumenti finanziari così come  le condizioni alle quali è possibile un loro trasferimento.Ancora l'art. 2526 regola il regime dei privilegi per essi previsti quanto a ripartizione degli utili e rimborso del capitale,avvertendo poi che ai possessori di strumenti finanziari comunque non può essere attribuito più di un terzo <dei voti spettanti all'insieme dei soci presenti ovvero rappresentati in ciascuna assemblea generale >.

      Quanto <al controlli sulle società cooperative > l'art. 2545 quaterdecies  conferma che  esse sono <sottoposte alle autorizzazioni,alla vigilanza e agli altri controlli sulla gestione previsti dalle leggi speciali >. E con significative innovazioni di normativa  , l'art. 2545 quinquiesdecies regola le modalità della denuncia al tribunale e del controllo giudiziario per < i fatti previsti dal'art. 2409> , così come le norme immediatamente successive disciplinano l'eventualità che si renda necessaria una gestione commissariale della società cooperativa o un suo scioglimento <per atto dell'autorità> di vigilanza. In caso di insolvenza della società,per disposizione dell'art. 2545 terdecies

l'autorità governativa che ha il controllo della società ne dispone la liquidazione coatta amministrativa ma le cooperative <che svolgono attività commerciale> sono soggette anche al fallimento.

Per le organizzazioni di gruppo del mondo cooperativo e i consorzi di cooperative si pongono problemi di disciplina che non è qui possibile considerare dovendosi tuttavia segnalare quanto adesso dispone l'art. 2545 septies con riguardo al gruppo cooperativo paritetico . Gli artt. 2546 a 2548 stabiliscono infine la speciale disciplina delle mutue assicuratrici, società a responsabilità limitata che coniugano partecipazione cooperativa e prestazioni assicurative. L'art. 2546 avverte infatti che <nella società di mutua assicurazione>le obbligazioni sono garantite (soltanto) dal patrimonio sociale.E la qualità di socio non si acquista < se non assicurandosi presso la società> . Per il  loro regime vale la norma dell'art. 2547. Le società di mutua assicurazione sono soggette al regime di pubblica  vigilanza stabilito <dalle leggi speciali sull'esercizio dell'assicurazione> e sono regolate dalle norme in vigore < per le società cooperative  > se <compatibili con la loro natura >.

 

10.Operazioni straordinarie.La trasformazione omogenea,la trasformazione eterogenea.Fusione e scissione delle società

 

Costituiscono fenomeno di evidente rilievo le possibili trasformazioni di un ente in altro ente regolate dagli artt. 2498 a 2500 novies che sono davvero  importante  innovazione della riforma del gennaio 2003.Già la normativa previdente consentiva  una trasformazione della società per così dire «passando» da un tipo legale ad altro tipo legale. Sempre possibile nell'intero ambito delle società lucrative la «trasformazione» di una società significava variazione del tipo sociale, e perciò variazione del suo assetto organizzativo e del suo regime giuridico ma non estinzione di una società preesistente e costituzione di una nuova società. Alla trasformazione si provvedeva in una situazione di continuità delle attività di impresa. E adesso l'art. 2498  conferma il principio di continuità dei rapporti giuridici .

Ne risulta infatti disposto  che  « con la trasformazione l'ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi> anteriori alla trasformazione proseguendo <in tutti i rapporti anche processuali dell'ente che ha effettuato la trasformazione>. Per l'atto di trasformazione valgono le regole di pubblicità e in punto di sua efficacia stabilite dall'art. 2500.E se rimane  <salvo il diritto al risarcimento del danno> eventualmente risentito dai< partecipanti all'ente trasformato> o da terzi <danneggiati dalla trasformazione> , l'art. 2500 bis

avverte che  una volta eseguiti gli adempimenti pubblicitari <l'invalidità dell'atto di trasformazione non può essere pronunciata>. Ma il punto forte della normativa  riformatrice

è la grande  estensione di campo dei possibili  fenomeni di trasformazione , sia pure  in via breve  occorrendo perciò    fare chiarezza sullo spazio aperto a procedimenti che consentono di variare regime e assetti organizzativi di un ente senza dover sopportare i costi

della sua estinzione e della costituzione di nuovi soggetti di diritto.

     E' trasformazione omogenea  la fattispecie costituita dalla trasformazione di una società in società di altro tipo(e si pensi alla trasformazione in società per azioni  di una società in nome collettivo o al caso della società per azioni che si trasformi in società in nome collettivo ). E' invece trasformazione eterogenea la fattispecie costituita dalla trasformazione di una società di capitali in ente di diverso genere(e per esempio in fondazione o comunione di azienda) o di  un ente che non è società (ma ad esempio fondazione  o comunione di azienda  )in società di capitali.E in passato esclusa è adesso praticabile per disposizione degli artt. 2545 decies e undecies la trasformazione di una società cooperativa  che non sia a mutualità prevalente  in società lucrativa ,così come è consentita la trasformazione di società di capitali in società cooperative  valendo la disciplina dell'art. 2500 septies.Da tutto questo  una radicale riforma della disciplina di materia e quel che più rileva innovazioni di grande valenza operativa prefigurate  da  una normativa molto complessa che qui semplicemente si segnala per i possibili approfondimenti.

In modo particolare si consideri che per avviare un procedimento di trasformazione omogenea si rendono necessarie deliberazioni sul modello di quante occorrono per deliberare modificazioni dell'atto costitutivo , dovendosi  osservare le regole stabilite da disposizioni  che puntualmente distinguono tra trasformazione di società di persone in società di capitali e trasformazione di società di capitali in società di persone. Sempre che l'atto costitutivo non stabilisca diversamente ,per disposizione dell'art. 2500 ter la società di persone può deliberare la sua trasformazione con il consenso della maggioranza dei soci  assicurandosi diritto di recesso al socio < che non ha concorso alla decisione >(e l'art. 2500 quater regola l'assegnazione delle azioni o delle quote  conseguente all'operata trasformazione ). Per disposizione dell'art. 2500 sexties ,sempre che l'atto costitutivo non stabilisca diversamente , la deliberazione di trasformazione della società di capitali sarà assunta con le maggioranze previste per le modifiche statutarie ma è richiesto e necessario il consenso dei soci che con la trasformazione in società di persone <assumono responsabilità illimitata> .

 La trasformazione eterogenea  di società di capitali è regolata dall'art. 2500 septiesessendo possibile la loro trasformazione in consorzi,società consortili,società cooperative,comunioni di azienda ,associazioni non riconosciute e fondazioni . E avvertendo che  se sono compatibili  valgono le previsioni dell'art. 2500 sexsties, ancora l'art. 2500 septies stabilisce che la deliberazione di trasformazione deve essere assunta con il voto favorevole <dei due terzi degli aventi diritto> e comunque con il consenso dei soci che assumono responsabilità illimitata.La trasformazione eterogenea in società di capitali è consentita a consorzi,società consortili,comunioni di azienda,associazioni riconosciute e fondazioni osservando il regime dell'art. 2500 octies ,che stabilisce circostanziata e fortemente diversifica disciplina delle singole fattispecie. Quanto alla possibile opposizione dei creditori valgono le disposizioni dell'art. 2500 novies

   Si deve infine segnalare il particolare rilievo delle norme in tema di fusione e di scissione delle società. Operazioni che non riguardano necessariamente società di capitali ma a veder bene progettate in funzione di strategie d'impresa che appartengono in modo particolare al loro mondo. La fusione è congegno di concentrazione delle attività di impresa regolato dagli artt. 2501 a 2505 quater. È fusione per incorporazione se una società ne incorpora altre che così cessano giuridicamente di esistere. È fusione in senso stretto se le società partecipanti tutte si estinguono mediante un procedimento che ha per risultato «la costituzione di una società nuova».E' fusione omogenea se riguarda società del medesimo tipo societario e invece fusione eterogenea se riguarda società di diverso tipo legale(o società e enti di differente genere qualora lo consenta il regime della trasformazione eterogenea già segnalato).

L'art. 2504 bis  avverte che la società incorporante o la nuova società costituita per fusione «assumono» i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione , <proseguendo in tutti i loro rapporti,anche processuali,anteriori alla fusione >. A garanzia della necessaria tutela dei terzi creditori operano anche gli artt. 2503 e 2503 bis. Il procedimento di fusione è complessa fattispecie a formazione progressiva che le norme della riforma del gennaio 2003 hanno in certa misura semplificato senza tuttavia far seguire ulteriori variazioni di regime. Occorrono  un progetto di fusione che assicuri ai soci delle società partecipanti al procedimento di fusione l'ampia informativa prevista dall'art. 2501 ter, documenti che rappresentano la situazione patrimoniale delle società elaborati osservando la disciplina delle norme sul bilancio di esercizio, deliberazioni di fusione assunte dalle singole società mediante l'approvazione del progetto di fusione prevista dall'art. 2502, le stipulazioni dell'atto di fusione che è atto pubblico assoggettato al regime dell'art. 2504. Operando un determinato rapporto di cambio gli azionisti delle società che si estinguono riceveranno azioni della società incorporante o della nuova società che risulta dalla fusione.

Se la fusione concentra risorse finanziarie e attività di impresa al contrario le operazioni di scissione disaggregano un patrimonio sociale e attività di impresa, che si assegnano ad altre preesistenti società o a società di nuova costituzione. Si tratterà di scissione totale se si trasferisce  l'intero patrimonio di una società che perciò si estingue.Si tratterà invece discissione parziale se a trasferirsi è soltanto parte  del patrimonio della società <scissa> che perciò continuerà a svolgere una sua attività di impresa . Si tratterà comunque della esecuzione di un programma che ancora una volta esige circostanziate documentazioni per evidenti finalità di garanzia dei soggetti interessati alla complessa vicenda.Ai soci della società scissa si assegnano azioni o quote delle società destinatarie del trasferimento patrimoniale.Vale una disciplina  degli artt. 2506  a 2506 quater che la riforma del gennaio 2003 ha variato soltanto in modo marginale.

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